La Giunta di Regione Liguria ha predisposto l’istanza per il riconoscimento della situazione di crisi industriale complessa nell’area di Savona e della Valbormida.

Atto che registra una dolorosa inversione di tendenza nell’unica provincia ligure che esattamente venti anni fa aveva imboccato un sentiero di sviluppo come uscita di sicurezza dalla morsa della de-industrializzazione.
Il primo novembre 1996 la città di Savona, apatizzata e ingrigita dagli effetti devastanti di una crisi decennale, venne risvegliata dalla scossa di un’improvvisa apparizione felliniana: l’arrivo elettrizzante nelle acque del suo porto sonnacchioso (secondo taluno, ormai condannato ineluttabilmente all’insabbiamento) della motonave “Riviera” di Costa Crociere. Nell’immaginario collettivo delle centinaia di abitanti assiepati attorno al waterfront per godersi lo spettacolo, qualcosa di molto simile al favoloso passaggio del transatlantico Rex nel celebre film Amarcord di Federico Fellini. Il primo passo di quello che sarebbe diventato uno dei principali home-port crocieristici italiani, che nel decennio successivo ha visto transitare sulle sue banchine dieci milioni di viaggiatori; che hanno rivitalizzato il centro cittadino trasformando il suo decumano – la sino ad allora cadente via Paleocapa – in una scintillante vetrina dello shopping. Tanto da far parlare – alla catalana – di Renaixença: rinascimento savonese.
“Rivoluzione” che dipendeva da una ben precisa mossa: coordinati dalla loro Autorità Portuale, tutti gli operatori dello scalo – dagli agenti marittimi ai camalli – avevano raggiunto un accordo unitario per offrire all’armatore Costa, intenzionato ad abbandonare la troppo onerosa location di Genova, condizioni di lavoro così vantaggiose da fargli preferire l’alternativa ligure a un trasloco di sede operativa a Marsiglia. A trattativa in corso con i francesi.
Vent’anni fa la scelta di puntare sull’economia del mare significò una seconda radicale inversione della tendenza al declino. Ma questo fu possibile grazie alla mobilitazione di forze vive del territorio. Oggi la scelta di perorare una soluzione purchessia che scenda dall’alto segnala una preoccupante (terza) inversione di tendenza. A conferma del più generale silenzio della società locale che non incoraggia certo alla speranza.