Sono in distribuzione i dati Unioncamere sui mitici start-up di imprese innovative; intendendo con tale dizione “aziende aventi come oggetto sociale lo sviluppo,

la promozione e la commercializzazione di prodotti o servizi ad alto valore tecnologico”.
Stando alla ricerca, in Italia tali iniziative imprenditoriali – al 10 ottobre 2016 – ammonterebbero a 6.399.
Per quanto concerne la Liguria, il censimento evidenzierebbe la presenza di 112 ditte con il profilo richiesto. Il fatto è che quando si va a osservare più da vicino le concrete attività della pattuglia ligure non emerge uno scenario propriamente da Silicon Valley, quanto l’abbellimento con termini up-to-date di attività – tutto sommato – poco più che tradizionali; sulla base del vigente paradigma tecno-economico proprio della rivoluzione industriale in corso: generici servizi in materia di software, altrettanto vaga ricerca e sviluppo (R&S), qualche supporto consulenziale ICT (Information and Communication Thecnology) e alcuni studi di ingegneria. Una gamma abbastanza interstiziale, a conferma che la promessa di una rinascita del sistema produttivo genovese e ligure trainata dall’innovazione è ancora tutta da venire. Certo, ci sono aziende impegnato sul fronte dell’Hi-Tech, di cui Liguriaeconomy ha iniziato l’esplorazione, per raccontare una faccia della nostra realtà rimasta ancora in ombra. Ma niente lascia intravvedere ancora un vero distretto tecnologico in formazione, che determini reali effetti di trascinamento per l’intero fronte industriale, affetto da evidenti fenomeni di declino. Ossia quel salto di qualità che ovunque, nel mondo cosiddetto “avanzato”, si è potuto realizzare grazie al ruolo di push da parte di politiche pubbliche a supporto dello sviluppo.
Non sembra inutile ricordare che lo stesso “oggetto del desiderio” industrialista, rappresentato dalla Silicon Valley, prese corpo grazie all’opera di fertilizzazione esercitato dall’Università di Stanford. Nonché dall’effetto attrattivo del relativo Parco Tecnologico, già negli anni Cinquanta. Ma a Genova l’unica cosa che la politica pare chiedere alla nostra Scuola Politecnica è di avvalorare con la propria presenza la (deficitaria) operazione immobiliare sugli Erzelli.