Sulla TARI il Consiglio di Stato dà ragione alla posizione di Cia – Agricoltori Italiani. Ora i Comuni devono modificare gli attuali regolamento e formulare una tariffa ad hoc per gli agriturismi,

giustamente proporzionata alla loro capacità contributiva e connessa alla reale produzione di rifiuti.
Il danno economico che subiscono gli agriturismi non solo a Genova e nel Tigullio, ma nell’intera regione, è insopportabile
La recente sentenza del Consiglio di Stato ( n. 1162 del 19 febbraio 2019) ha rilevato che i rifiuti dell’attività agrituristica non possono essere considerati rifiuti agricoli al pari di quelli da attività propriamente agricole trattandosi invece di rifiuti di tipo urbano, per cui anche le attività agrituristiche restano assoggettate alla Tari e non possono richiedere l’esenzione. Ma ha altresì sancito che vi è una necessaria differenziazione, tipologica e quantitativa, tra l’attività agrituristica e l’ attività commerciale.
L’attività agrituristica non può essere assimilata a quella alberghiera e pertanto anche la tariffa applicata con la Tari non può essere la stessa.
I giudici hanno ricordato come le attività di ricezione ed ospitalità esercitate da imprenditori agricoli siano connesse all’attività agricola principale ai sensi della legge quadro sull’agriturismo, contrariamente agli alberghi. L’esercizio dell’impresa agricola è unico e inscindibile dall’attività agrituristica che per nessuna ragione può essere scissa da quella agricola.
L’agriturismo, a differenza delle altre strutture, è soggetto a restrizioni e condizioni di esercizio uniche, tra cui un limite nei giorni di apertura e nel numero di pasti o presenze complessive annue, il che significa una diversa capacità contributiva rispetto agli alberghi.
La stessa produzione di rifiuti è diversa: per le attività dell’impresa agrituristica è obbligatorio l’utilizzo esclusivo di prodotti propri o delle aziende del territorio, con una considerevole riduzione di imballaggi e di rifiuti.
I giudici hanno rilevato che il Comune chiamato in giudizio avrebbe dovuto formulare una tariffa realisticamente proporzionata alla connotazione specifica dell’attività ed all’effettiva capacità di produzione per quantità e qualità dei rifiuti: pertanto, il mero utilizzo del metodo normalizzato per formulare le tariffe della Tari non basta a comprendere la particolare forma di attività dell’agriturismo, che non può essere qualificata semplicemente come “utenza non domestica”.
Alla luce di quanto riconosciuto nella citata sentenza invitiamo le pubbliche amministrazioni a modificare l’attuale regolamento comunale e a formulare una tariffa ad hoc per gli agriturismi, giustamente proporzionata alla loro capacità contributiva e connessa alla reale produzione di rifiuti.