Da almeno due anni i porti europei, tra i quali anche gli scali italiani, sono preoccupati dall’exploit dei porti cinesi. Gli armatori con gli occhi a mandorla stanno effettuando una politica

aggressiva che sta facendo arretrare gli affari del Vecchio Continente. Un dato su tutti: dal 2004 al 2014 la flotta del gigante asiatico è triplicata. I cantieri navali cinesi stanno facendo una concorrenza tremenda a quelli italiani, che sentono la pressione del colosso “rosso”. Per un semplice motivo: non solo il prezzo è decisamente più basso, ma ora la qualità è quasi alla pari con quella nostrana, l’unico inghippo è legato al costo del trasporto, notevole, viste le distanze.
Ma la crisi, nel 2014, ha lambito anche la grande Cina. Alcuni cantieri navali affacciati sull’oceano hanno chiuso i battenti, altri hanno ridimensionato le spese. Allora è intervenuto il governo dittatoriale di Pechino con una sorta di piano Marshall, stile gli Usa degli anni Trenta: ha imposto di costruire nuove navi finanziando in parte gli interventi, una mossa azzeccata, in quanto i cantieri navali hanno ripreso a spiccare il volo.