Il consorzio “Cantore e dintorni” annuncia per il prossimo 24 settembre l’avvio dei festeggiamenti, con il patrocinio della circoscrizione, per la ricorrenza dei novant’anni

di una sorta di “annessione” dell’allora comune di Sampierdarena da parte di quello genovese. Ossia la realizzazione della cosiddetta “Grande Genova” del 1926, che inglobava le famose “cittadelle rosse” a Ponente: le realtà operaie che recalcitravano a uniformarsi al regime allora vigente e la cui combattività venne diluita nello spazio urbano più vasto che andava costituendosi. A detta di molti studiosi della nostra realtà locale, operazione mai giunta a compimento (come lo stesso programma dei succitati festeggiamenti lascerebbe intendere parlando di “annessione”, che non sembra il massimo in materia di scelte consensuali…).
In effetti, se ognuno dei piccoli comuni ricondotti alla più vasta unità aveva originariamente una sua vocazione che lo connotava nei termini di quelle che oggi vengono chiamate “specializzazioni competitive” (la portualità a Sampierdarena, l’elettromeccanica dell’Ansaldo sestrese, la siderurgia a Cornigliano, ecc.), mancò fin dall’inizio al progetto aggregativo un’idea che valorizzasse le caratteristiche peculiari di quelli che diventavano quartieri nella città metropolitana del tempo. Da qui l’inizio di un graduale declino, soprattutto a ponente, che venne letto dagli abitanti come conseguenza di una vera e propria occupazione; la perdita della propria autonomia. Sicché, mentre Sestri Ponente difende con le unghie e coi denti una propria identità e Pegli coltiva il sogno nostalgico di una sua “belle époque”, a Pontedecimo o a Molassana ci si rifugia nella rimembranza di un comune rustico che forse non è mai esistito (ma le cronache parlano di orti settecenteschi lungo il Bisagno e una cultura contadina si inerpicava dal Polcevera verso le alture dell’Appennino), larga parte dell’area periferica è andata scivolando nel degrado, in condizioni di sempre più difficile convivenza. Ora l’amministrazione comunale, giunta a fine mandato, annuncia programmi di risanamento. Liguriaeconomy si permette di suggerire il punto di partenza per tale azione: implementare un’idea di città che ri-assicuri agli antichi comuni la propria valorizzazione economica. Che li risarcisca della lunga cancellazione di quella che possedevano agli albori della rivoluzione industriale.