Stando a quanto inizia a trapelare, le indagini della Procura genovese sui (cosiddetti, eufemisticamente) “prestiti facili” che la Cassa di Risparmio – sotto la guida pluridecennale

di Giovanni Berneschi – concedeva ai suoi (sempre cosiddetti) “amici”, starebbero concentrandosi su 32 imprenditori beneficiati da condizioni straordinariamente vantaggiose; tanto da far prefigurare nei confronti di alcuni di loro (ad esempio il Gruppo Orsero di Savona) il reato di appropriazione indebita.
Liguriaeconomy non ha particolari informazioni riservate al riguardo, mentre nutre un’avversione viscerale nei confronti delle incivili pratiche di gossip. Si limita a ragionare sulle vicende, alla ricerca di un bandolo. E per questo osserva che, stando alle narrazioni in corso, quanto avveniva nell’unico sbraccio finanziario di Liguria parrebbe ascrivibile alla sfera dell’economico; nella sua declinazione tendente all’infedele (rispetto all’etica degli affari) oltre che dell’illegale (rispetto alle norme).
Ma qui ci si chiede: e la politica, intesa come personale politico?
Le indagini sono ancora in corso e sarebbe temerario emettere giudizi prematuri e – dunque – indebiti. Ci si limita ad osservare che – come già detto in precedenza – Carige era il punto di congiunzione di un intreccio complesso; configurato come governance informale delle transazione in essere nel territorio. Certamente economiche ma anche (e ovviamente) di potere.
Del resto fu così fino dagli inizi, seppure in assenza degli abbrivi imbarbariti degli ultimi decenni. Difatti la Cassa risultava già negli anni Cinquanta una provincia importante del regno genovese e ligure della DC tavianea. Poi, dopo gli anni d’oro delle Partecipazioni Statali virate a bancomat del territorio, arrivarono quelli del declino. E l’intreccio tra personale politico, potentati locali e istituzione finanziaria divenne una relazione finalizzata anche al reciproco puntello. Fino a quando è durata.
Percepibile in episodi in cui il sistema relazionale emergeva allo scoperto improvvisamente. Anche in modalità apparentemente incomprensibili. Ancora non è stata spiegata la ragione per cui il governatore di Regione Liguria Claudio Burlando rinunciò al posto, spettante di diritto all’Ente che presiedeva, nel consiglio di amministrazione di Fondazione Carige; ossia il massimo “ufficiale pagatore” operante sul territorio. Poltrona di indubbio rilievo graziosamente regalata alla Curia.