C’è una qualche attinenza tra la notizia che Suez Canal Authority, la società egiziana che gestisce l’omonimo canale appena raddoppiato, ha preso la decisione di ribassare

del cinquanta per cento i pedaggi per le navi che lo attraversano e la ministeriale concessione alla provincia savonese dello stato di “area di crisi complessa”?
A prima impressione, entrambi i casi scontano gli effetti negativi prodotti dal generale rallentamento della cosiddetta economia del mare; dopo anni di crescite esponenziali, che avevano prodotto distorsioni ottiche secondo le quali gli incrementi percentuali si sarebbero riprodotti all’infinito. Sicché leader economici non digiuni delle cose del mondo (e con vista dritta) avrebbero dovuto preavvertire che la crescita è un’opportunità stop-and-go; che va messa all’incasso attraverso pratiche di consolidamento, in previsione della sua possibile interruzione, Come insegna la parabola biblica di Giuseppe in Egitto, che capitalizza i sette anni di vacche grasse per fronteggiarne altrettanti di vacche magre.
Di Suez nulla sappiamo per esperienza diretta, mentre il caso savonese ci è noto non per sentito dire. Difatti a partire dalla metà degli anni Novanta si è assistito a uno straordinario sviluppo economico che partiva dal rafforzamento della gamba marina; tanto da compensare il processo di de-industrializzazione che aveva investito già dal decennio precedente l’intero comparto siderurgico-metallurgico delle Partecipazioni Statali e relativo indotto. Mentre nell’area privata resistevano ancora brillantemente aziende di antica tradizione come la Bombardier.
Ma era la portualità a fungere da traino all’intera business community sotto il Priamar. Con un particolare: la non interiorizzazione da parte di larghi strati di tale comunità della “desiderabilità” di quella “locomotiva marina”.
La Savona dei rentier, dei proprietari di seconde/terze/quarte case, trovava fastidiosamente rumorosa la folla dei croceristi che sciamavano per le vie del centro; la Savona sindacale continuava a coltivare la rimembranza nostalgica delle grandi fabbriche perimetrate, confidando che la nuova economia a rete e senza confini fosse soltanto un accidente storico di breve durata.
Soprattutto la politica venne meno al suo ruolo di primario orientatore delle energie imprenditoriali verso mete collettive; assumendo un atteggiamento laterale e tutto sommato passivo. Di certo non quello del biblico Giuseppe.
Ora la provincia ligure che aveva imboccato, più delle altre, un’uscita di sicurezza indirizzata al futuro sembra in preda a processi involutivi, che chiamano in causa imprevidenze e inadempienze. Auspicando si tratti di una fase temporanea, si spera che – nel frattempo – dirigenze e pubblica opinione locali abbiano appreso la lezione.