Ci troviamo a dover fronteggiare due emergenze molto diverse ma entrambe acutissime e di importanza strategica per l’economia di Genova e della Liguria e del paese intero.

Il blocco della produzione all’ILVA e le prospettive delle aziende Ansaldo messe in vendita da Finmeccanica.

Per quanto riguarda l’ILVA ricordo che il Governo ha proceduto all’AIA. Adesso, di fronte alla drammatica situazione di questi giorni,  si è deciso di assumere un decreto  –  delicatissimo, ma semplice – che consente di effettuare il risanamento e mantenere la produzione, seppure a volumi ridotti.

È chiaro poi che ha prodotto danni ambientali deve essere chiamato a pagarne il prezzo, anche duramente. Così come chi avesse compiuto atti di corruzione. Ma non possono pagare le 20 mila famiglie dei lavoratori. È inaccettabile.

Inoltre nessun paese europeo rinuncerebbe a produrre acciaio. Serve per costruire le navi,  le macchine, gli elettrodomestici. Mi rendo conto che su un decreto del Governo che consenta la produzione può aprirsi un contenzioso di fronte alla Corte costituzionale. Ma non vedo altra possibilità.

L’altra emergenza riguarda le aziende Ansaldo Energia e STS messe in vendita da Finmeccanica. Qui sono molti gli aspetti negativi.

In primo luogo non vi è trasparenza. Se si vuole vendere un asset ci si rivolge al mercato e si confrontano le offerte. Questo passaggio non sta avvenendo. Le informazioni che conosciamo le abbiamo avute per vie traverse, per indiscrezioni. In secondo luogo, se si vuole vendere un asset in cui lavorano migliaia di persone si devono costantemente informare i lavoratori di quella azienda e i loro rappresentanti.

Il Governo ha aperto un tavolo sulla FIAT, che è un’azienda privata. Come è possibile che non informi i lavoratori di un’azienda pubblica? Qui la forma delle procedure, la trasparenza, diventa sostanza delle relazioni industriali, oltre che un fatto di eleganza, di buona educazione.

Esiste poi il problema della strategia industriale. Abbiamo compiuto insieme al sindaco di Genova Doria mille passi, doverosi, non sufficienti, ma giusti. Abbiamo interpellato il ministro Passera, il ministro Grilli, il sottosegretario Catricalà, l’amministratore delegato Zampini e altri. Ma non siamo riusciti a capire perché si vendono aziende che vanno bene e non si mette mano a quelle che vanno male. Perché mentre in tutti i paesi del mondo vi è una domanda di energia e di trasporti qui si vendono energia e trasporti? 

Secondo alcune informazioni la trattativa sarebbe giunta al suo epilogo. A dire la verità mi pare che invece questo epilogo si allontani per STS. Tra l’altro avendo messo insieme STS e Breda il pacchetto risulta “indigesto”. Mi ha colpito, tra gli altri incontri, un colloquio con l’amministratore delegato Sergio De Luca che è durato qualche ora. De Luca dirige un’azienda di 3 mila dipendenti, 500 a Genova e il resto in giro per il mondo, che produce beni che vengono acquistati in questo momento da 28 paesi. Credo che STS, nel suo settore, oggi rappresenti una delle migliori aziende del mondo.

In tutto il mondo è facile costruire treni, scatole di lamiera con motori dentro. È difficilissimo invece fare segnalamento. È possibile che l’Italia, bravissima a fare segnalamento con Ansaldo STS, non sappia costruire treni? Perché non ci si impegna per rendere efficiente la Breda? Non è credibile che manchi la competenza tecnica, il punto è che non si vuole farlo. D’altronde, quando, come ci ha detto De Luca, dobbiamo vendere un sistema di metropolitana, dobbiamo vendere carrozze, locomotori, treni e tutto il sistema. Non è possibile vendere il segnalamento, la tecnologia, se non si vendono anche i treni.

È mai possibile che non si possano risanare gli stabilimenti di Pistoia, di Reggio Calabria, di Napoli, di Palermo?  Non c’è spiegazione industriale che tenga: ripeto, non lo si vuole fare. Si  preferisce usare questa occasione per fare cassa. Questo è il punto. E non posso dimenticare che Genova ha vissuto un sacrificio importante circa 15 anni fa. Quel sacrificio ci fu motivato con l’esigenza di salvare trasporti ed energia. A causa di quel sacrificio ci sono lavoratori ancora senza lavoro.

Dunque questo modo di procedere è inaccettabile. E non solo perché questo patrimonio industriale sarebbe meglio restasse “italiano”.

Voglio dire anche che non sono affatto sicuro che l’attuale management di Finmeccanica sia nelle condizioni di poter gestire al meglio questa operazione, che è di grande rilievo strategico per il paese.

C’è poi un ruolo determinante del Governo, dal momento che il Tesoro è azionista principale di Finmeccanica. Ora dell’azione di questo Governo possono esserci giudizi diversi. È nato con il compito di affrontare una gravissima emergenza finanziaria e di favorire il risanamento del bilancio dello Stato. Si è dato, evidentemente, un limite chiaro: non è entrato in queste vicende che riguardano la politica industriale. Allora io propongo che assuma un atto, un solo atto che consenta di attribuire la responsabilità di gestire questa operazione molto delicata a un prossimo Governo politico legittimato da un voto democratico.

In questa richiesta non c’è alcuna volontà dilatoria. Mi rendo conto che si opera in mercati aperti, ma bisogna assolutamente evitare che siano commessi errori gravi per le capacità produttive del nostro paese. Bisogna risolvere i problemi di Finmeccanica valorizzando al massimo il patrimonio industriale che c’è, risanando dove è necessario, tutelando l’occupazione e le conoscenze tecniche delle nostre aziende.

Claudio Burlando
Presidente della Regione Liguria