Nei giorni scorsi si è molto parlato del bando della Prefettura di Genova per assegnare i servizi di accoglienza. I parametri previsti dal bando – peraltro a scadenza brevissima

(ci sarà a breve un bando definitivo) – in coerenza con i dettami ministeriali del decreto sicurezza oltre a non tutelare i diritti fondamentali, non consentono una gestione efficace neanche da un punto di vista “alberghiero”; 7 minuti da dedicare agli ospiti, meccanismi inefficaci per gestire la quotidianità, creano difficoltà nell’applicazione dei contratti di lavoro.

Si umiliano le persone, si negano diritti fondamentali, si produce tensione e insicurezza, si cancellano posti di lavoro, si punta a megastrutture con funzioni alberghiere e di contenimento.

Un sentimento che accomuna tutte le cooperative aderenti all’Alleanza delle Cooperative Italiane (AGCI, Confcooperative, Legacoop), sia quelle che hanno partecipato al bando, sia quelle che hanno deciso di non farlo.

Anche chi ha partecipato (soprattutto le cooperative con un numero elevato di ospiti) lo ha fatto per tutelare gli ospiti, almeno una parte dei posti di lavoro e per traguardare una dismissione graduale delle attività.

Senza il terzo settore e la cooperazione sociale sarebbe stato impossibile far fronte alla domanda e fornire buona accoglienza diffusa nel territorio, accompagnata a processi di istruzione e formazione professionale volti all’inclusione delle persone ed a dar loro strumenti per il potenziale inserimento lavorativo e nella comunità.

In tal modo, la buona cooperazione ha potuto prendere le distanze (ben prima dell’inchiesta “Mondo di mezzo-mafia capitale”, e proprio per questo in tale occasione siamo stati riconosciuti come parte civile) da esperienze economicistiche e talvolta scorrette.

La cooperazione è andata oltre la ristretta offerta di prestazioni per contribuire all’affermazione di strategie ampie di cittadinanza sociale, costruendo codici di autoregolamentazione e firmando la Carta della Buona Accoglienza sia a livello nazionale che in Liguria che è diventata il riferimento per la nostra azione.

Con i 35 € abbiamo costruito risposte ai bisogni di persone fragili, posti di lavoro buono, abbiamo fatto formazione, abbiamo pagato affitti, abbiamo comprato suppellettili, vestiti e generi alimentari, abbiamo prodotto ricadute economiche nei nostri territori.

Il nostro obiettivo è collaborare ad una reale integrazione delle persone nelle nostre comunità e nei nostri territori.

Ed oggi tutto questo diventa impossibile.