Dalle stanze invase secondo tradizione dalla caligine delle sigarette, in cui si negozia il rinnovo del contratto nazionale tra Federmeccanica-Confindustria e i sindacati 

metalmeccanici di CGIL, CISL e UIL, trapela la notizia che la prossima fumata potrebbe essere bianca.
Un segnale importante tanto per l’economia come per la società nazionale, perché la categoria interessata – benché data da tempo per “desaparecida” – assomma qualcosa come 1,6 milioni di lavoratori; oscurati dagli eccessi di rimozione dell’ottica post-industriale, eppure tuttora asse portante del sistema produttivo italiano.
Stando ai “si dice”, il punto di incontro tra le controparti sarebbe un riallineamento delle retribuzioni al potere d’acquisto riparametrato su quello del precedente contratto nazionale. Sicché il recupero per tutti dell’inflazione solo reale potrebbe permettere l’uscita dall’impasse: visto l’attuale andamento del costo della vita impegnerebbe Federmeccanica su cifre minime se non irrisorie. Al tempo stesso consentirebbe ai sindacati di salvare il ruolo “politico” del contratto nazionale (questione di fondamentale importanza visto che alla firma del contratto dei metalmeccanici dovrà far seguito la riforma del modello contrattuale). Ai recuperi effettivi ci potrà poi pensare la contrattazione di secondo livello (aziendale e territoriale) dove la trattativa su welfare, pensioni integrative e assicurazioni sanitarie è già a buon punto.
Comunque un segnale di valenza anti-stagnazione/deflazione in quanto, aumentando la capacità d’acquisto di una parte consistente di popolazione, avrà effetti significativamente positivi sui consumi. Alla faccia di quella parte dell’establishment ossessionato dal mito (inconfessabilmente punitivo) del rapporto diretto tra competitività e abbattimento di costo del fattore lavoro. Quasi un mantra.
Quanto sono lontani i tempi eroici del primo industrialismo, quando Henry Ford sr. aumentava la paga degli operai nello stabilimento di Piquette (Detroit) – dove si costruivano le auto modello “T” – perché fossero loro stessi i primi acquirenti della vettura. Gli altri industriali del tempo lo accusarono di essere “un comunista” (nonostante la sua malcelata simpatia per Hitler). Eppure quell’intuizione geniale e lungimirante fu alla base della creazione di un nascente mercato di massa, quale naturale interfaccia della produzione di massa.