Uno scopo nobile, non immediato, che potrebbe far lievitare l’economia del Bel Paese. Le Authority dei principali porti italiani, tra le quali quelli di Genova, Savona e La Spezia, puntano al raddoppio

dei traffici in cinque anni. Ma come si fa ad increntare questa cifra in mesi durissimi per la crisi? Secondo gli esperti del settore marittimo sono sufficienti gli attuali terminal portuali, ma ci vuole un Commissario e un cambio di governance delle Autorità Portuali. Da questo punto di vista Genova ha compiuto un importante passo in avanti con il progetto dello spostamento della diga foranea.

Obiettivo 2018, quindi per il traffico container dei porti italiani di destinazione finale, portando i volumi di merce smistata nella varie banchine complessivamente movimentati da sei a dodici milioni di teu l’anno. È questa la sfida lanciata dalle tre fondazioni Astrid, Res Publica e italiadecide – presiedute rispettivamente dai politici di lungo corso Franco Bassanini, Eugenio Belloni e Luciano Violante (ex Presidente della Camera dei Deputati, del Partito Democratico) – che hanno presentato a Roma un rapporto intitolato “Sviluppo dei porti e crescita dei traffici e dei commerci”.
Per raddoppiare nel medio termine i traffici movimentati sulle nostre banchine, accanto al recupero di volumi nazionali attualmente gestiti dai porti nordeuropei (pari almeno a 440mila teu l’anno), resta cruciale per l’Italia acquisire nuove quote di mercato nell’area contendibile che si colloca a cavallo dell’arco alpino e comprende alcune tra le aree economiche più vivaci (Svizzera, Baviera, Austria, Ungheria e Balcani). Questa analisi sulla portualità evidenzia come la realizzazione di alcuni interventi infrastrutturali in assenza di adeguate misure di rilancio della portualità nazionale, rischia di favorire ulteriormente i porti del Nord Europa, offrendo loro nuovi percorsi di penetrazione al ricco mercato della Pianura Padana.
Su questo tema diventano, pertanto, di vitale importanza la realizzazione del Terzo Valico e della Gronda, opere osteggiate da una parte consistente della popolazione italiana per motivi ambientali, ma cruciali per l’economia del sistema Italia.