“Dove va il contenitore lo decide il mercato”, dichiara Francesco Mariani. E qui bisogna decidersi: il vice presidente di Assoporti è un uccello del malaugurio

(l’ennesimo “gufo”, come è diventato di moda dire) o una Cassandra; ossia la profetessa dell’Iliade che diceva la verità a concittadini che non volevano ascoltarla?
Probabilmente buona la seconda, alla luce di quanto segnalano gli analisti dell’Agenzia delle Dogane, secondo i quali in ogni settore merceologico Spagna, Slovenia e Grecia vanno sottraendo quote di mercato ai nostri scali. Per poi aggiungere che negli ultimi quattro anni proprio la Slovenia ci ha doppiato nel business dei cascami e degli avanzi di plastica. Un aspetto non troppo elegante eppure decisivo, visto che così un certo numero di container provenienti dal Far East ripartono pieni – e così facendo rendono remunerativo per il player il viaggio andata/ritorno del box – solo grazie a quella merce che a Genova si chiama “rumenta” (roba da bruciare, per un sistema produttivo quale quello cinese in endemica carestia energetica).
A prima vista si direbbe che questo della competitività, a fronte di un’offerta portuale mediterranea sempre più aggressiva, dovrebbe essere il primo tema all’ordine del giorno per le politiche marittime italiane. E invece la priorità è diventata la costruzione di organigrammi e la loro messa sotto controllo ministeriale.