Sono passati oltre cinque mesi dalla data del via libera della riforma dei porti italiani, che erano divisi in Authority. Centralizzazione, meno burocrazia, risparmio dei costi

di gestione e l’essere più competitivi verso gli altri porti europei e mondiali. La riforma della portualità è stata definitivamente approvata da alcuni mesi dal Consiglio dei Ministri (in data 7 agosto 2015). Seguendo il meccanismo dell’accorpamento, le amministrazioni portuali sono state ridefinite secondo un sistema zonale (ad esempio: «Mar Ligure Occidentale», «Mare Adriatico Meridionale», «Mar Tirreno Centrale») finalizzato alla crescita della competitività attraverso una riorganizzazione basata sul minor numero e sulla semplificazione delle procedure: i porti italiani, «coordinati da 15 Autorità di Sistema Portuale – spiegava alla folta platea che ascoltava il Ministro Graziano Delrio, che fino a pochissimi giorni fa lavorava al fianco di Luigi Merlo che ora è alla Msc in un nuovo ruolo di prestigio – saranno guidati da un board snello e da un presidente con ampia facoltà decisionale». Un altro obiettivo funzionale è la centralizzazione delle scelte finalizzata a eliminare i divari interni tra gli enti, che faranno fronte comune cooperando al ruolo di un Paese «che interpreta pienamente la sua geografia come molo a Sud delll’Europa, al centro del Mediterraneo».